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Da studioso di Economia aziendale e come  esperto di Economia del Turismo e dello Sport, avendo incominciato uno sport nuovo, il golf, non ho potuto fare a meno di guardarmi intorno, da aziendalista,  per capire perché i circoli non riescano a operare in condizioni di economicità. Basta intervistare qualche giocatore per comprendere immediatamente, che si sono non nel tempo create e incancrenite delle convinzioni che, di fatto, impediscono la realizzazione delle condizioni di economicità.

Negli ultimi 20 anni, si osservano due cose: la prima è ce dal 1996 i tesserati sono comunque raddoppiati, la seconda è che il settore del golf ha seguito il trend tipico di molti beni del lusso. Nei primi anni, il settore del lusso, fino al 2010, non ha sentito la crisi. Poi la ha subita eccome. Ed ora è in pesante decrescita.

Esperti giocatori di golf, sono convinti che la loro esperienza nel gioco o i loro anni di frequentazione, possano aiutarli a comprendere e  interpretare, gli accadimenti economici, meglio degli studiosi.

L’ottica di chi gestisce i club è spesso orientata a sviluppare economie di scala, di saturazione della capacità produttiva o di sinergia con altri circoli, per diminuire, in qualche modo i costi, dimenticando che una corretta formula imprenditoriale, dipende sopratutto dalla capacità di soddisfare i fattori critici del mercato. Ma c’è di più, spesso manca la cultura di base ho sentito lamentare l’eccessiva tassazione che colpisce il settore, ma poi spesso i dirigenti non sono nemmeno a conoscenza delle agevolazioni fiscali di cui potrebbero utilmente avvalersi.

Mentre tutto il modo va nella direzione del cosiddetto Value For Money, cioè nel generare una maggiore soddisfazione del cliente, in termini di miglioramento dei servizi offerti ad un certo prezzo, i circoli del golf continuano ad ostentare tradizioni e blasoni capaci di coinvolgere la fantasia nostalgica di qualche nobile decaduto, ma non certo i giovani, disposti anche a rinunciare a un po’ di eccellenza in cambio di un sistema di servizi più complesso a un prezzo inferiore.

D’altronde, prima di giocare ad un livello accettabile, occorrono almeno due o tre anni anni di fatiche e qualche umiliazione. Le lezioni costano mediamente circa 50  euro ora e così, le probabilità che il nuovo giocatore  si annoi o preferisca fare altro, sono considerevoli.

I circoli sono oggettivamente troppi, rispetto alla domanda, con  costi di gestione altissimi, ma il numero di quelli che è disposto a investire in formazione o in ragazzi giovani è veramente limitato.

Circoli Tradizionali come il Golf Villa d’Este a Montorfano, vicino a Cantù in provincia di Como o come il Golf Club Milano,  che hanno una compiuta tradizione storica, e che riescono a vantare tra i loro frequentatori storici  i reali di diverse casate, riescono a sopravvivere al cambiamento, e comunque si gemellano tra di loro, garantendo, almeno sulla carta, uguali vantaggi ai soci dei circoli gemellati: il socio di Milano può giocare a Montorfano, e in altri circoli in provincia di Como, e quelli dei circoli di Como, a  Milano. Ma per gli altri, quelli che restano, come direbbe Porter a metà del guado, potendo mostrare solo blasoni di secondo ordine, non c’è altro destino che una lunga agonia, che alla fine determinerà comunque un cambiamento, più o meno forzato, a seconda di quanto sarà tempestivo, della loro formula imprenditoriale.

Esistono alcuni tentativi diversi, per esempio i club in #liberacircolazione , che consorziandosi, e quindi senza incremento dei costi, e probabilmente con un aumento dell’indotto da parte dei loro ospiti dei circoli limitrofi, riescono a dare ai propri associati una disponibilità di campi e strutture collaterali come piscine e Spa, impensabili per i circoli che agiscono da soli. Esistono poche eccellenze che hanno saputo trasformare la propria attività in eccellenza a prezzi ragionevoli o che effettivamente hanno saputo coinvolgere i giovani nel proprio futuro, ma complessivamente resta un mondo chiuso disattento alle possibilità di crescere, dove i nuovi entrati danno anche un po’ di fastidio, perché sono lenti nel gioco, e pretendono, magari l’applicazione delle regole stabilite dalla Federazione Italiana Golf, che consentirebbero loro di giocare più colpi e di ottenere punteggi più alti in funzione del loro Handicap.  

Avversate o comunque invise,  sono anche quelle organizzazioni che offrono il tesseramento  a un basso prezzo, consentendo agli associati, di frequentare diversi circoli, pagando il prezzo, del green fee, ossia dell’accesso, che in genere va dai 20 euro per 9 buche, a fino 100 per le 18 buche, che costituiscono il giro completo.

Non avevo mai visto uno sport in cui si parla così tanto di onestà sul campo, di regole e poi dove continuamente le persone abbiano giusti motivi per trasgredirle, o regolamenti per tradirle, e comunque sistemi per allontanare chi è meno esperto. Si pensi alla vela, nessuno parla così insistentemente di regole e regolamenti, ma,  in barca a vela, la trasgressione delle regole, comporterebbe incidenti e ben atri problemi. I regolamenti di regata, sono considerati una sorta di a-priori, non esistono gruppi su facebook per commentarle, ma tutti le capiscono, le rispettano e basta: in genere senza lamentarsi se, per effetto di una compensazione, (che è un po’ l’equivalente dell’Handicap per la barca a vela, solo che è calcolato sul tipo di imbarcazione) chi aveva vinto la regata in tempo reale con un catamarano, si trova, nella classifica compensata, dietro a un quattro e venti.

 

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