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Guerra e Economia

Forse mai avremmo pensato di parlare in Italia di Economia di Guerra. ma forse nemmeno più di Guerra e Economia insieme, in questo secocolo e in Europa. La Guerra cambia l’economia, e non solo, come realtà economica, ma anche come scienza. È difficile pensare che Putin, nonostante abbia a disposizione il secondo arsenale Militare e Nucleare al mondo, si lasci mettere in ginocchio dall’Ucraina. E se davvero fosse messo in ginocchio che cosa farebbe? Siamo certi che sai un uomo così illuminato, corretto, equilibrato, che, nel momento in cui dovesse trovarsi prossimo a perdere la guerra accetterebbe delle condizioni sfavorevoli, che finirebbero per fargli perdere consenso e forse rischiare di essere processato per crimini di guerra? Bel lungi da me paragonare Putin a Hitler: ma se il 30 aprile 1945, Hitler avesse avuto nel suo  Führerbunker, un bottone che gli consentiva di fare saltare il mondo avrebbe comunque sparato a se stesso? E Putin cosa farebbe?

E in fondo la guerra contro la Russia, la aveva già promessa anche la Clinton, nel proprio programma elettorale, se avesse vinto le elezioni.

Certo, invece, al di là del possibile evolversi ulteriore dei fatti, gli Stati Uniti, alcuni vantaggi li hanno già ottenuti: hanno potuto isolare l’Europa dalla Russia spezzando il legami energetici e portandoci a costruire dei rigassificatori, grazia ai quali, nei prossimi anni potranno venderci il loro gas liquido, ma non solo, con la guerra gli Stati Uniti, hanno ricompattato il legame con l’Europa allontanandoci in prospettiva anche dalla Cina. Il binomio Guerra e Economia, resta il centro di quello che sta accadendo, spacciato per fatto umanitario, dall’una e dall’altra parte. Per Putin  si tratta di una denazificazione, per Biden, e gli Europei, di una difesa della libertà e della democrazia. 

Putin, la guerra la ha persa in ogni caso: ha ottenuto l’obiettivo di fare iniziare il processo di ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia, ha perso lo sfogo del mercato Europeo per gas e petrolio, e mentre minaccia timidamente l’Europa, sembra preparare una prossima escalation, senza riserva di colpi. A ben vedere ci sono addirittura degli errori militari, che, apparentemente, non trovano spiegazione, come quello di lasciare sguarnite, intere regioni  per consentire all’Ucraina un accesso alla Crimea. Ma non solo. L’informazione dei media russi, si basa essenzialmente sui dati forniti dal loro stesso Ministero della Difesa e colpisce la fretta con cui vengono date le notizie delle sconfitte. Sembra quasi un’ostentazione della propria difficoltà.

L’Italia, e per certi versi persino l’Europa, avevano poca scelta. Difficilmente avrebbero potuto non schierarsi al fianco dell’alleato dominante della Nato, che combatteva una guerra così vicina a noi. Ma sta di fatto, che è l’Europa stessa a pagare il conto. E il conto parte da una trasformazione radicale dell’Economia: un euro sotto la pari con il dollaro, l’apprezzamento di monete come il Pesos Messicano o il Real Brasiliano, che si basano su presupposti diversi da quelli dei mercati finanziari, un inflazione che supera il 10 e probabilmente supererà il 15 per ceto che cambierà il volto finanziario dell’Europa con tassi di interesse, che impatteranno un sistema economico profondamente mutato, in cui ancora una volta i paesi Europei che non hanno saputo investire tempestivamente non solo nelle energie rinnovabili, ma nemmeno nelle terre di produzione delle materie prime che servono per le nuove tecnologie, si troveranno ad essere il fanalino di coda.

Da un lato, come si è detto, il binomio Guerra e Economia, ma sul piano pratico, la vera incognita è proprio la tenuta di Putin e la potenziale richiesta dell’opinione pubblica russa, sempre più insofferente verso l’atteggiamento non più solo degli Stati Uniti, ma anche verso l’Europa. Putin, probabilmente, non arriverà a lanciare, almeno in prima battuta una bomba nucleare su Londra, ma basterebbero delle armi chimiche sulla Polonia, perché la Nato, l’Europa e tutti noi, siano militarmente in guerra.

Protezionismo, economia di guerra e mediocrazia.

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