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 L’informazione aziendale: il bilancio sociale, forme di bilancio sociale

Le possibili forme di bilancio sociale

 

E’ chiaro che la dimensione incide sulle caratteristiche gestionali, informative ed organizzative dei diversi tipi di imprese. Pertanto spesso solo l’impresa di considerevoli dimensioni si cimenterà nella redazione di un bilancio sociale, al fine di raccogliere maggiore coesione e fiducia tra la collettività. L’idea di fondo resta sempre questa: dove esistono imprese e dove il mercato non esaurisce completamente le informazioni necessarie, è sempre utile a tutti disporre di dati integrativi che possano aiutare a scegliere meglio: questo accade per tutte le imprese. Pertanto una valutazione completa dell’attività imprenditoriale non dovrebbe essere effettuata esclusivamente sulla base di criteri economici, ma tenendo conto anche delle conseguenze sociali interne ed esterne all’impresa stessa. L’impresa si trova attualmente in uno stato di interazione permanente con la società; l’impresa non è solo capitale e management, ma anche personale, clienti e consumatori. Questa nuova posizione dell’azienda nei confronti della società porta alcune di esse ad intraprendere spontaneamente la strada del bilancio sociale. Il bilancio sociale, da parte delle imprese profit, viene di solito redatto in modo ben distinto e autonomo rispetto al bilancio d’esercizio, in uno dei seguenti modi7:

1)    Elenco delle spese sociali.

2)    Inventano sociale.

3)    Analisi dei programmi

4)    Indicatori sociali standardizzati

5)    Bilancio socio-economico8

 

1) Nei bilanci a «spese sociali» si è di fronte al tipo più semplice di documento sul ruolo sociale dell’impresa, poiché si considera un elenco di costi sostenuti per far fronte a determinate esigenze sociali.

2)    L’«inventario sociale» è una presentazione dettagliata delle conseguenze sociali

dell’attività dell’impresa, attuata ricorrendo alle più diverse unità di misura e modalità

espositive. Trattasi di un documento più completo del precedente e vi è il vantaggio che

è possibile un ampio arco di informazioni sui molteplici aspetti della vita dell’azienda.

Questo insieme di dati rende difficile una sintesi. L’estrema eterogeneità delle

informazioni (spesso neppure della stessa unità di misura) comporta inoltre grossi limiti

di    comparabilità.

3)    L’ «analisi dei programmi» collega le valutazioni a specifici obiettivi, in modo da

potere verificare il livello di efficienza e efficacia in determinate aree; concretamente

consiste in un continuo confronto tra risultati e obiettivi prefissati. La prima operazione

fondamentale è il fatto di valutare le circostanze entro cui ogni programma sociale viene

realizzato e predisposto, poi si esplicitano gli obiettivi del programma: si precisa ciò che

si    intende fare per raggiungere gli obiettivi prescelti e si indica come e con quali

operazioni ciò sarà possibile.

4)L’uso di «indicatori sociali standardizzati» permette di redigere un tipo di bilancio sociale che

comporta il calcolo di una serie di dati statistici riguardanti i risultati sociali in

particolari aree: sull’inquinamento, sull’occupazione, sulla percentuale di appartenenti a

minoranze etniche nei vari ruoli entro l’azienda, e via dicendo. In questo caso è presente

una standardizzazione delle voci e delle misure. Esempi di indicatori sociali potrebbero

essere la remunerazione media mensile, il tasso di assenteismo, l’indice di gravità o di

frequenza degli infortuni, l’ammontare delle spese per la formazioni del personale sul

totale delle spese per il personale. La costruzione di modelli di bilancio sociale per

indicatori dovrebbe garantire la possibilità di avere quel minimo di oggettività e

comparabilità che è molto difficile da ottenersi nei tipi presentati in precedenza. Il limite

è costituito dal fatto che un insieme, per quanto standardizzato, di indici non potrà mai

avvicinarsi ad un risultato in qualche modo unitario dell’azione aziendale.

5)    I bilanci «socio-economici» permettono di determinare un risultato complessivo a

livello di impresa, senza isolare aspetti parziali dell’attività aziendale, ma cercando invece di darne una valutazione globale. Nella prassi, tali modelli di bilancio sono concretizzati nella redazione di tre possibili schemi: il conto economico a valore aggiunto, il conto surplus e l’analisi costi-benefici. Risulta interessante esaminarli brevemente e in modo separato.

 

Il valore aggiunto

 

Un utile punto di partenza quando l’impresa vuole avvicinarsi alla problematica della contabilità sociale è, di solito, la riclassificazione del conto economico per la determinazione del valore aggiunto. Il valore aggiunto, infatti, altro non è che la differenza tra la produzione lorda dell’impresa (data dai beni e servizi venduti, dalla variazione delle rimanenze di semilavorati e prodotti finiti e dalle produzioni interne capitalizzate) e i consumi dell’esercizio (dati dai consumi di beni e servizi corretti dalle variazioni delle rimanenze di materie prime). In questo modo si determina il valore aggiunto lordo; togliendo accantonamenti e ammortamenti si giunge al valore aggiunto netto. Si può affermare, in prima approssimazione, che il valore aggiunto rappresenta la ricchezza creata dall’attività aziendale. Un bilancio sociale a valore aggiunto può essere inteso come la conseguenza di un processo di riclassificazione del conto economico, che ha come scopo quello di sottrarre al valore dei ricavi netti i costi sostenuti per acquistare beni e servizi all’esterno dell’impresa: il risultato dà un’idea di quanto valore è stato aggiunto ai prodotti grazie all’insieme dì coloro che operano all’interno dell’azienda o ci apportano capitali a vario titolo.

Il    valore aggiunto costituisce un indicatore della dimensione, dell’importanza e del grado di elasticità dell’impresa; per un’impresa a basso valore aggiunto la quota a disposizione di importanti interlocutori ~ aziendali è fortemente condizionabile da brusche variazioni dei prezzi di alcuni fattori fisici. I vantaggi del ricorso al valore aggiunto sono però strettamente legati alla sua natura market-oriented, ne consegue l’incapacità di presentare la maggior parte delle informazioni integrative che si desiderano dal bilancio sociale; dunque il conto del valore aggiunto non è un modello completo in quanto non può fornire da solo tutte le informazioni richieste. Il calcolo del valore aggiunto costituisce un importante punto di collegamento tra bilancio d’esercizio e bilancio sociale. I vantaggi di questo modello sono molteplici. Innanzi tutto esso consente di evidenziare il livello della produzione e del riparto della nuova ricchezza, utilizzando esclusivamente dati già rilevati in contabilità generale e comportando quindi bassi costi di preparazione. In secondo luogo il modello in questione può costituire la base per la costruzione della politica salariale interna e di schemi redistributivi. L’elemento maggiormente interessante è rappresentato da uno schema che permette di evidenziare, dopo il calcolo del valore aggiunto, la distribuzione ditale ricchezza tra alcuni soggetti quali:

  • dipendenti, attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi sociali e di altri oneri previdenziali;
  • finanziatori, attraverso il pagamento di interessi e costi assimilati;
  • stato, per il versamento di imposte e tasse;
  • sistema impresa, per la costituzione di fondi di riserva;
  • azionisti e soci, attraverso la distribuzione di utili e dividendi.

E’ questo il caso del bilancio sociale di Telecom Italia, di cui è riportato di seguito il conto sintetico del valore aggiunto lordo e della sua distribuzione tra i principali stakeholder9.

 

VALORE AGGIUNTO LORDO (in milioni di euro)

200x           200x+1          200x+2

Ricavi di vendite e prestazioni    42.816            38.954           9.9%

Valore della produzione tipica     44.883            40.925         9.7%

Costi esterni (al netto canone concessione)    12.559            10.388      20.9%

Partite non attribuibili                     1.862             1.068        74.3%

Valore aggiunto lordo                          30.462            29.469          34%

 

 

RIPARTIZIONE DEL VALORE AGGIUNTO LORDO TRA I PRINCIPALI STAKEHOLDER

200x           200x+1          200x+2

Dipendenti  7.607 7.564 0.6%

Stato 6.978 7.304 (4.5%)

Oneri sociali e previdenziali 2.388 2.279 4.8%

Ministero delle finanze 3.496 3.691 (5.3%)

Imposte dirette   3.288 3.509 (6.3%)

Imposte indirette e tasse    208   182   14.3%

Imposta sostitutiva     (29)  –     –

Imposta patrimoniale    (222) (225) (1.3%)

Min. comunicazioni (canone concess) 1.042 1.027 1.5%

Ministero del tesoro (dividendi)   52    307   (83.1%)

Sistema impresa (ammortam., accan.) 12.408      11.490      8.0%

Azionisti   1.848 1.183 56.2%

Finanziatori      1.621 1.928 (15.9%)

 

 

Il conto del surplus

 

Oltre al modello del valore aggiunto è possibile ricorrere ad un altro strumento definito «conto del surplus», in cui viene calcolato l’incremento o il decremento della produzione individuando se esso dipende da variazioni di quantità e/o di prezzo. L’eccedenza di produzione non è altro che l’aumento di produttività della gestione ottenuta nell’ipotesi di costanza del sistema dei prezzi. Analogamente il decremento di produzione indica una riduzione di produttività sempre nell’ipotesi di costanza dei prezzi10.

Il conto del surplus è quindi la rappresentazione formale delle modalità con cui l’impresa ha ottenuto l’incremento di produttività globale e delle modalità attraverso le quali quest’ultimo viene distribuito. Il modello del surplus permette di vedere come cresce la produttività e come la eventuale eccedenza si ripercuote, mediante la sua distribuzione, sulle economie dei diversi agenti. I vantaggi del modello sono pertanto notevoli: innanzi tutto esso fornisce informazioni sulle strategie dell’impresa, evidenziando la scomposizione degli scostamenti per volumi e prezzi; inoltre tale analisi offre una serie di dati che consentono di migliorare il processo di pianificazione e programmazione dell’impresa11, la quale potrà fissare il livello di surplus che intende ottenere. Il conto del surplus è, quindi, un documento di grande importanza nella contabilità sociale in quanto si rivela un mezzo di informazione e negoziazione con tutti i partners economici dell’azienda. I principali difetti di tale strumento consistono nel fatto che l’ottica adottata dal modello è solo di tipo reddituale e quindi vengono trascurati tutti i fattori fuori mercato che sono però di estrema importanza in una valutazione sociale.

 

 

L ‘analisi dei costi-benefici

 

Questo modello di rendicontazione sociale è forse quello più interessante, anche se la sua applicazione pratica incontra sistematicamente alcuni problemi. Esso mira a raggiungere un risultato sociale in termini monetari, contrapponendo costi e ricavi sociali, proprio come in un bilancio di esercizio si determina il reddito confrontando costi e ricavi di natura economica.

Gli schemi a tale proposito utilizzati sono diversi.

Di seguito sono riportati i due esempi più noti.

Il primo, elaborato da Estes, individua ed elenca una serie di benefici quali prodotti e servizi forniti, impiego offerto, pagamenti allo stato e ad altri elementi della società, miglioramenti ambientali ed altre esternalità positive prodotte. da un lato, e una serie di costi, quali beni e materiali acquistati, lavoro e servizi usati, danno ambientale, risorse pubbliche utilizzate, contributi ottenuti dallo stato ed altre esternalità negative dall’altra.

Come è possibile vedere, quindi, i benefici sociali rappresentano le spese che hanno un impatto positivo in campo sociale e che vengono sopportate dall’impresa. I costi sociali invece indicano il danno subito o le spese sostenute dalla società per effetto dell’attività aziendale.

I limiti del modello riguardano principalmente i criteri di valutazione necessari per esprimere in moneta i costi e i benefici sociali; le difficoltà pratiche che si incontrano quando si vogliono valutare eventi e fenomeni che non hanno un mercato sono notevoli. Si pensi al danno ambientale e alla difficoltà di attribuirgli un prezzo. Il documento possiede, inoltre, un’elevata complessità interpretativa risultando difficilmente comprensibile a molte delle categorie di destinatari.

Passando al secondo schema esemplificativo riportato (quello proposto da Linowes12), esso presenta una suddivisione di base: rapporti con le persone, rapporti con l’ambiente, relazioni con il prodotto. Ognuno di questi elementi viene analizzato contrapponendo i contributi positivi ,o benefici,ai contributi negativi ,o costi. I primi sono spese sociali che l’impresa sostiene volontariamente, mentre i secondi sono costi che avrebbero potuto avere una rilevanza sociale, ma che non sono stati sostenuti dall’azienda; si giunge così ad un surplus o deficit per le tre aree considerate.

Il modello presenta degli inconvenienti di fondo: esiste un forte elemento di soggettività nel momento in cui si deve decidere quali voci includere tra i contributi negativi; lo schema non comprende alcuna informazione riguardante i costi o i benefici imposti dall’impresa alla società, in quanto esso si focalizza sulle spese che l’azienda ha o non ha sostenuto.

 

La validità dell’analisi costi-benefici è seriamente compromessa, oltre che dai limiti intrinseci del metodo di volta in volta seguito, anche e soprattutto dalle difficoltà pratiche di valutazione che rischiano di privare il bilancio sociale della necessaria significatività e attendibilità: qualunque tentativo di quantificazione monetaria di costi e ricavi sociali porta con sé inevitabili distorsioni.

Più in generale, il principale problema della rendicontazione sociale riguarda sicuramente la sua attuabilità pratica. Se infatti l’analisi costi-benefici e la possibilità di sintetizzare in un unico dato la performance sociale dell’impresa possono sembrare affascinanti, tutto diventa più complesso e difficile quando si deve affrontare il problema della realtà.

Sorge a questo punto un quesito spontaneo: vale la pena incontrare e affrontare queste grosse difficoltà nel caso di un’impresa profit, o forse solo nel caso di un’azienda senza scopo di lucro è veramente necessario, efficace ed impellente stilare un bilancio sociale?

 

BILANCIO SOCIALE SECONDO IL MODELLO DI ESTES

 

 

Benefici sociali

 

–     Prodotti e servizi forniti

 

–     Pagamenti d altri elementi della società:

 

Impiego fornito (salari e stipendi)

 

Pagamenti per beni e altri servizi

 

Imposte e tasse pagate

 

Contributi

 

Dividendi e interessi pagati

 

Altri pagamenti

 

Benefici addizionali ai dipendenti

 

–     Miglioramenti ambientali

 

–     Altri benefici

 

Totale benefici sociali

 

 

Costi sociali

 

–     Beni e servizi acquistati

 

–     Lavoro e servizi usati

 

–     Malattie e infortuni sul lavoro

 

–     Servizi pubblici utilizzati

 

–     Altre risorse usate

 

–     Danno ambientale:

 

Inquinamento atmosferico

 

Inquinamento delle acque

 

Inquinamento acustico

 

Rifiuti prodotti e altri danni ambientali

 

–     Pagamenti ricevuti da altri elementi della società

 

–     Altri costi

 

Totale costi sociali

 

 

 

BILANCIO SOCIALE SECONDO IL MODELLO DI LINOWES

 

  1. Rapporti con le persone
  2. A) Contributi positivi:

Programmi di formazione per lavoratori disabili

Contributi a minoranze per frequenza college

Costo per programmi di assunzione di appartenenti a minoranze etniche

Totale contributi positivi

  1. B) (Meno) Contributi negativi:

Costo dispositivi di sicurezza

  1. C) Beneficio netto dell’azione verso le persone
  2. Rapporti con / ‘ambiente
  3. A) Contributi positivi:

Costi di bonifica del cumulo di rifiuti abbandonato sul terreno dell’impresa

Costi di installazione dispositivi per ridurre inquinamento ciminiere

Costi di depurazione degli scarti prodotti dai processi di rifinitura

Totale contributi positivi

  1. B) (Meno) Contributi negativi:

Costi che si sarebbero sostenuti per bonificare luoghi rovinati da lavori estrazione

Costi stimati per l’installazione di un processo di purificazione acque

Deficit netto dell’azione verso l’ambiente

  1. Relazioni con il prodotto
  2. A) Contributi positivi:

Stipendio vicepresidente

Costi per sostituire con vernice senza piombo la vernice tossica

Totale contributi positivi

  1. B) (Meno) Contributi negativi:

Costo dispositivo di sicurezza raccomandato ma non aggiunto al prodotto

  1. C) Miglioramenti netti nelle azioni sul prodotti

 

 

 

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