Il rimedio alla mediocrazia
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La mediocrazia del Potere e della giustizia, o forse meglio sarebbe dire in – giustizia, perchè, in fondo, l’una e l’altra cosa sono facce diverse della stessa medaglia.

Il caso Tortora è stato emblematico e  non solo per l’enormità del sopruso ai danni di un uomo e della giustizia stessa,  arrestato e condannato senza prove come spacciatore e sodale di Cutolo. La cosa che rende impossibile archiviare “il più grande esempio di macelleria giudiziaria all’ingrosso del nostro Paese” (Giorgio Bocca) è il fatto che nessuno abbia pagato per quel che è successo. Anzi, i giudici coinvolti hanno fatto un’ottima carriera e i pentiti, i falsi pentiti, si sono garantiti una serena vecchiaia, e uno di loro, il primo untore, persino il premio della libertà.

Quasi trent’anni dopo la sua morte, il caso di Ambrogio Crespi, è ancora più paradossale. Un simbolo dell’Antimafia,  percepito come baluardo di legalità e giustizia,  rinchiuso in carcere, processato e dichiarato colpevole, ma basta leggere “il Caso Crespi” di Marco Del Freo, anche senza leggere tutte le carte, come invece ho fatto io,  per avere un’idea non solo dell’insensatezza delle accuse, ma di come contro quel simbolo di giustizia, si mobilità una macchina del fango, mossa da quelle motivazioni e condizioni politiche descritte da Palamara. Solo la cassazione potrebbe mettere la parola fine a un incubo che ha distrutto la vita di un uomo, per quasi 10 anni e fatto perdere così tanta credibilità al sistema della Giustizia.

 

La massa, ignorante per definizione, perchè una massa in quanto tale non può essere tecnica, e ha un concetto di giustizia molto pressappochista, spesso strumentalizzata, si mobilita, per difendere sé stessa da un rischio che ciascuno sente come proprio; sono processi e strumentalizzazioni, che fanno perdere la fiducia, non solo nel sistema giudiziario, ma anche nell’intero sistema sociale e politico. È evidente che i cittadini, quando percepiscono il sistema sociale come corrotto, perdono ogni fede nell’autorevolezza di qualsiasi istituzione, smarriscono il senso dell’autorità e cercano, essi stessi, di generare, proprio attraverso la comunicazione, pensieri e suggestioni che, in genere, assumono toni distruttivi: in questo modo si crea uno spazio immenso, per chi riesce a generare e sfruttare tale sfiducia o, comunque, a orientare i meccanismi della comunicazione di massa, avendone compreso i presupposti.

La mediocrazia,  per sua natura  direttamente collegata alla condivisione e, quindi, alla sovraesposizione mediatica, che, in via di primissima approssimazione, sembrerebbe essere la condizione ideale per generare un sistema etico diventa capace di distruggere la vita di una persona, ma soprattutto di fare perdere al cittadino la fiducia nelle istituzioni in generale e nella giustizia in particolare. Verrebbe da dire che la caratteristica principale della mediocrità sia il conformismo, un po’ come per il piccolo borghese Marcello Clerici, protagonista del romanzo di Alberto Moravia, “Il conformista”. Comportamenti che servono a sottolineare l’appartenenza a un contesto, che lascia, ai più forti, un grande potere decisionale. Alla fine dei conti, si tratta di atteggiamenti, che tendono a generare istituzioni corrotte. Ad essere morto non è più il dio di Nietzche, ma l’eroe. Per quanto eroe tu possa essere, presentatore telvisivo o addirittura eroe della legalità e dell’Antimafia, puoi essere amcerato dalla in – giustizia. E la corruzione quado è così profonda è l’opposto stesso della iustizia, e  arriva al suo culmine quando gli individui che quelle in – giustizia praticano e perseguoneo,  non si accorgono più di essere corrotti né appaiono tali ai loro corruttori. In fondo, ciò che è abitualmente praticato è accettabile per il sistema, a prescindere, in qualche caso, persino dalle prescrizioni del codice penale, che, a sua volta, viene via via riformato, non tanto sulla base delle effettive necessità sociali, con la giusta attenzione alle garanzie per gli innocenti e alla proporzionalità delle pene, ma sulla base di emozioni e della capacità di alcuni gruppi di comunicatori, i cosiddetti “urlatori”, di emozionare un pubblico votante, che è disponibile a cambiare facilmente idea, se sente l’intervista al carcerato, da un lato, o alla vittima, dall’altro, e comunque per seguire “un’emozione comune”, che diventa pensiero dominante. Gli errori della magistratura, ma anche gli interventi, in politica, dei singoli magistrati, fanno perdere l’autorevolezza, che dovrebbe garantire chi è sopra le parti, perché, soggetto solo alle leggi, senza necessità di ricorrere a compromessi, fanno perdere alla magistratura stessa la propria credibilità.

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Vedi anche l’articolo su “Il rimedio alla mediocrazia” e l’intervista a Alessandro Arrighi di Antonello Sette.

Vedi anche:

Giustizia: Crespi, attendo la Cassazione, credo nella giustizia giusta

Bobo Craxi: “Conosco Ambrogio Crespi, un uomo innocente”

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